Gaetano Taverna 20/02/2021
Covid-19: un anno fa
Un anno è passato da quando è scoppiata la pandemia in Italia di Covid-19. Un anno di sofferenze e di speranze, ma anche di riconoscimenti verso il personale sanitario in prima linea nelle corsie e nelle terapie intensive, che ha pagato un prezzo altissimo in termini di vite umane e di contagi.
Circa un anno fa realizzai un video per ricordare che viviamo in un Paese bellissimo messo a dura prova. Ora lo ripropongo perché, anche se siamo ancora in una situazione di emergenza, è sempre viva la speranza e la certezza di poter tornare a suonare e a ballare nelle piazze.
E quando accadrà, mi auguro soltanto che non dimenticheremo quello che abbiamo passato e le sofferenze che il Covid-19 ha procurato.
Gaetano Taverna 18/02/2021
Il Bosco e il singolo Albero
C’è una frase naturalistica che potrebbe sintetizzare quanto sta accadendo nella nostra società: a forza di osservare il bosco stiamo trascurando il singolo albero.
Il bello è che la stessa frase, in talune circostanze, potrebbe avere un suo importante significato a parti invertite: a forza di osservare il singolo albero stiamo trascurando il bosco.
Sto parlando dell’individuo inserito in un contesto più ampio, quello della società in cui il soggetto vive e in cui spesso i bisogni dell’uno possono entrare in contrasto con i bisogni della collettività. E viceversa.
Quotidianamente assistiamo a un’enfatizzazione delle priorità della collettività, alle attenzioni, agli studi su quanto accade nella società, spesso con un atteggiamento quasi distaccato, a volte anche cinico, senza considerare che dietro un determinato fatto, un fenomeno, una situazione che coinvolge la società, ci sono degli impatti che colpiscono i singoli individui, anche in maniera drammatica.
L’esempio più evidente, e direi eclatante, è quanto sta accadendo da un anno con la pandemia in atto per il Covid-19.
Ogni giorno assistiamo agli effetti della pandemia ascoltando o leggendo il bollettino del ministero della Salute, un sorta di bollettino di guerra che ci presenta il numero dei tamponi, il numero dei contagiati, il numero dei ricoverati, delle terapie intensive occupate e purtroppo anche il numero dei decessi.
A questo, aggiungiamo anche un altro bollettino drammatico, che invece non è sempre così misurabile, ovvero il lavoro perso e le attività chiuse. Per non parlare dei progetti di vita rinviati a data da destinarsi e di quel futuro incerto dei giovani alla ricerca della prima occupazione.
Le regole di come doverci comportare, il colore delle regioni, le chiusure, i limiti negli spostamenti, sono regolati da quegli indici che si basano sui numeri della pandemia. Tutto giusto, per carità, chi sono io per giudicare chi ha la responsabilità sanitaria e politica di gestire la pandemia?
Ho però un grave dubbio, e non credo che sia l’unico ad averlo: a forza di salvaguardare il bosco, la foresta, non stiamo rischiando di trascurare il singolo albero? Ci rendiamo conto dei drammi che si celano dietro a quei numeri? Dietro ai dolori, alle paure, alle sofferenze, ai pianti, ai rimpianti, ai sogni infranti, alle depressioni?
Un anno fa, la parola pandemia ci ha così spaventato che ci ha reso coscienti della nostra fragilità smontando quella sicumera che, più o meno in maniera inconsapevole, avevamo. Il lockdown rigido, poi, ci ha anche reso più sensibili, più solidali, direi anche più uguali.
A seguire, come in tutte le cose, è arrivata l’assuefazione, l’abituarsi a convivere con una pandemia che nel tempo non ha fatto notizia, se non negli impatti che ne sono derivati (leggi DPCM et similia).
Nella gestione di un insieme è corretto avere una visione ampia che copra l’insieme nella sua interezza. Ma attenzione che il bosco, la foresta, sono formati da singoli alberi che hanno una loro dignità, un loro vissuto, una loro esistenza che deve essere considerata se non rispettata.
Gaetano Taverna 24/01/2021
La socialità ai tempi del Coronavirus
Il coronavirus non sta colpendo soltanto la nostra immunità fisiologica, ma soprattutto la nostra umanità. Il Covid-19 ci sta isolando, ci tiene lontani dagli affetti, dalle amicizie, da quello che ci ha sempre distinto come esseri viventi: la socialità. L’uomo è un’animale sociale, lo siamo sempre stati fin dall’inizio e senza l’altro, siamo nessuno.
Abbiamo bisogno di percepire il contatto fisico dell’altro, abbiamo bisogno della sua mano, del suo respiro, dei suoi abbracci, del suo sguardo.
Il problema è che il bastardo ha trovato terreno fertile nell’isolarci, perché di fatto prima del suo arrivo, vivevamo già isolati, se non del tutto, direi spesso e volentieri. Gli attuali strumenti tecnologici di comunicazione, telefono, chat, social, video, ecc., ci hanno sempre impedito quel contatto fisico di cui abbiamo bisogno come fosse del cibo. È accaduto che nel tempo ci siamo assuefatti a questa situazione e magari in maniera inconsapevole abbiamo ritenuto che possiamo fare a meno del contatto con l’altro.
Però già dalla nascita, se non percepiamo il calore del contatto fisico, entriamo in crisi e a lungo andare qualcosa di strano accade in noi. Tuttavia, in questa fase di emergenza, i social ci permettono se non altro di rimanere in contatto, di parlare, di scambiare opinioni, anche di cazzeggiare, se volete, tutto affinché sia possibile mantenere quella socialità che il virus sta colpendo con ferocia.
Contro il virus è necessario prendere delle precauzioni per evitare il contagio. Lo dicono gli esperti, lo dicono i governanti, lo dicono i media. Giustissimo, guai a non farlo. Ma evitiamo per favore di allontanarci, di isolarci. Proviamo a creare delle occasioni di umanità, di solidarietà, di aiuto sociale, gesti di gentilezza contro quella diffidenza che si sta diffondendo e che fa guardare l’altro con sospetto e spinge a rimanere distanti perché potrebbe essere un potenziale untore.
Infine, avere un sentimento, pietà, affetto, tristezza, fate voi, verso chi è stato colpito dal virus e verso chi purtroppo non ce l’ha fatta. Pensate, rimanere isolati in una camera di ospedale, oppure in una RAS che accolgono persone anziane, con la paura di morire e senza poter avere un contatto, anche da lontano, con le persone (famiglia, amici, conoscenti). Oppure addirittura morire nella piena solitudine, senza la vicinanza degli affetti. Qui purtroppo il virus realizza il suo successo maggiore: far morire le persone nella solitudine più completa.
Ecco perché dobbiamo recuperare, per quanto ci è possibile fare, quella socialità di cui mai come in questo momento sentiamo di averne bisogno. Forse passerà del tempo prima di poterci di nuovo abbracciare, forse non basterà il vaccino ad allontanare del tutto la diffidenza e la paura di incontrarsi, ma intanto, non isoliamoci del tutto.
Gaetano Taverna
Gaetano Taverna 14/01/2021
Gricia ai Broccoli romaneschi, della serie: 50 sfumature di Gricia
La base della Gricia, quel piatto fantastico della cucina romana, la conosciamo tutti: Guanciale e Pecorino. Si tratta della stessa base dell'evoluzione della Gricia che ha creato la Matriciana. Tutto sommato, però, potremmo andare oltre e con un po' di fantasia potremmo creare altre sfumature di Gricia, magari anche 50 Sfumature di Gricia.
Qui presento una mia sfumatura utilizzando un altro ingrediente della cucina romana, i broccoli romaneschi, che dopo essere stati lessati, vengono ripassati in tegame e uniti al guanciale e al pecorino ottenendo un piatto fantastico. Ma non anticipiamo troppo: pronti? Via!
Ingredienti per 4 p.
PASTA MEZZE MANICHE | 400 g. |
GUANCIALE | 250 g. |
PECORINO | 100 g. |
BROCCOLI ROMANESCHI | 500 g. |
SPICCHI DI AGLIO | n. 3 |
PEPERONCINO | q.b. |
VINO BIANCO SECCO | q.b. |
OLIO E.V.O. | q.b. |
SALE | q.b. |
Dividere in cimette i broccoli e lessarli per 20 minuti in acqua bollente leggermente salata. Scolare le cimette conservando l'acqua di cottura. Tagliare a dadini il guanciale e farlo rosolare in un tegame, dopo di che scolare dal grasso sciolto i dadini di guanciale mettendoli da parte. Nello stesso tegame aggiungere un poco di olio EVO, tre spicchi d'aglio e mezzo peperoncino. Far rosolare il tutto. Unire i broccoli e farli insaporire. Aggiungere mezzo bicchiere di vino bianco e farlo sfumare girando. Aggiungere anche un poco di acqua di cottura dei broccoli e amalgamare bene. Unire il guanciale e mettere da parte il condimento. Lessare la pasta al dente nell'acqua di cottura dei broccoli, scolare e unire al condimento con i broccoli nel tegame. Aggiungere il pecorino e amalgamare bene creando una cremina. Servire subito. Buona Degustazione!
Gaetano Taverna 01/01/2021
Vanni's game
During the first lockdown I wrote this short story describing a strange game of chess. Strange because it's not just a game, it is something more.
Click here or on the image to read the story
Gaetano Taverna 01/01/2021
La partita di Vanni
Durante il primo lockdown scrissi questo racconto che descrive una strana partita di scacchi. Strana perché non si tratta di una semplice partita, è qualcosa di più.
Cliccare qui o sull'immagine per leggere il racconto
Gaetano Taverna 19/12/2020
Il calore di un abbraccio
Paulo Coelho, nel suo libro Aleph, scrive: "quando abbracciamo qualcuno in modo sincero, guadagniamo un giorno di vita".
Il Covid ci sta colpendo anche costringendoci a non avvicinarci, a non parlarci, a non abbracciarci.
Tutto questo modo di relazionarci a distanza (contatti, riunioni, lezioni, esami, smart working), questo rimanere distanti salutandoci con un leggero movimento della testa, con il gomito, con i piedi, con i messaggi, ecc., sta pesando molto, almeno a me, e ci sta isolando.
Nulla potrà mai sostituire il calore di un abbraccio, di una carezza, di un bacio, di una risata in compagnia, di un incontro.
E tornando alla citazione di Coelho, la mancanza di abbracci non ci sta facendo guadagnare giorni di vita.
Gaetano Taverna 29/11/2020
Il carciofo, un'eccellenza!
Il carciofo (Cynara scolymus) è uno di quegli alimenti che hanno sempre accompagnato la nostra alimentazione e le nostre tradizioni gastronomiche. Il carciofo è stato considerato, fin dai tempi antichi, una pianta di origine divina: basti pensare che la mitologia attribuisce a Giove la creazione del carciofo. Il capostipite degli dei ellenici, infatti, si era innamorato di una fanciulla dai capelli color cenere di nome Cynara cui donò l'immortalità trasformandola in pianta.
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Gaetano Taverna 07/11/2020
In Vino Veritas: la storia del vino
Vi è mai capitato di bere un buon bicchiere di vino e soffermarvi con la mente alla storia di questa delizia, come sia nata e come, da sempre, sia stata presente nella storia dell'umanità? La storia del vino è un po' la storia stessa dell'uomo. Risulta quindi difficile tracciarne con precisione il corso: ogni civiltà, ogni impero, ogni vicenda politica e di potere ha avuto le proprie storie di vino, più o meno legate agli eventi stessi che hanno delineato il corso della storia.
Con passione e curiosità ho voluto quindi raccogliere qualche dettaglio sulle origini del vino e volentieri condivido qui le informazioni che ho trovato, non prima offrire una bellissima citazione di uno dei più grandi esperti italiani di vino, Luigi Veronelli « Il vino è il canto della terra verso il cielo ».
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Gaetano Taverna 31/10/2020
La trama di un romanzo
Nello scrivere un romanzo, o un racconto, ogni autore imposta il suo progetto di scrittura creativa in base alla propria esperienza, cultura, prassi, fonti, coinvolgendo quello che io chiamo il patrimonio dell'autore, un patrimonio che parte di certo dalla creatività (ispirazione, fantasia), passa per la volontà o entusiasmo di portare avanti il proprio progetto, e si finalizza nella ideazione della trama, elemento fondamentale e prezioso per la stesura del romanzo.
Nulla vieta, ovviamente, di scrivere senza una trama preimpostata, magari facendosi prendere dall'improvvisazione, dal momento. Quella scrittura istintiva che nasce da una sensazione, da un'intuizione, per intenderci, dalla famosa folgorazione.
Ogni autore ha il suo stile. Anche a me piace lasciarmi andare nell'improvvisazione, ma prima o poi ho bisogno di fare il punto per evitare di perdermi, di uscire da quell'idea che mi ha spinto a iniziare un nuovo progetto di scrittura. E allora, lascio da parte il testo del romanzo e mi dedico alla trama, al plot, in gergo.
Ideare una trama magari avvincente e coinvolgente, potrebbe non bastare, è necessario rispettare la coerenza e soprattutto la logica degli eventi che si desidera presentare. A differenza della vita reale, dove le cose possono accadere anche fuori del nostro controllo, in letteratura nulla viene lasciato al caso attribuendo un fine ben preciso agli eventi presentati.
Sono tanti i supporti che ogni autore può dotarsi per strutturare una trama efficace: qui presento uno schema da me realizzato che permette di usare la famosa regola delle 5 "W" (WHO, WHAT, WHEN, WHERE, WHY), una regola nata per il giornalismo anglosassone, ma largamente sfruttata - e adattata - per la scrittura creativa.
Il file excel si compone di tre fogli: nel primo è riportato lo schema vero e proprio con le 5 W da compilare per l'ideazione della trama e con il riferimento al suo CLIMAX, il culmine degli eventi concatenati che si vogliono descrivere. Il secondo foglio è utile per contornare i personaggi del romanzo, protagonisti principali e secondari. Il terzo foglio è utile per presentare il romanzo, con il titolo provvisorio, il formato utilizzato nella stesura, una descrizione del progetto e una breve sinossi. L'obiettivo dello schema, nella sua interezza, è quello di non perdere di vista i contenuti principali e l'ispirazione di massima che compongono il progetto di scrittura creativa che si desidera realizzare.
Scrivere è una bellissima arte e come tale deve essere rispettata, soprattutto evitando la pretesa di saper scrivere solo perché siamo stati folgorati dalla Musa della creatività.
Ultimo consiglio: prima di scrivere, leggiamo il più possibile, libri di ogni genere, perché si impara davvero tanto dalla lettura. E comunque, come dice lo scrittore e sceneggiatore francese, Michel Houellebecq, «Vivere senza leggere è pericoloso, ci si deve accontentare della vita, e questo comporta notevoli rischi.»
Gaetano Taverna 17/10/2020
L'ombra del Duce, la curiosità di un romanzo ucronico
“L'ucronìa (anche detta storia alternativa, allostoria o fantastoria) è un genere di narrativa fantastica basata sulla premessa generale che la storia del mondo abbia seguito un corso alternativo rispetto a quello reale.” (da Wikipedia)
In letteratura sono diversi gli autori che sono riusciti a presentare delle realtà alternative rispetto al corso storico reale. Uno fra tutti è quello che considero uno dei più grandi scrittori di fantascienza, lo statunitense Philip Kindred Dick (1928 – 1982), che, con il suo La svastica sul sole del 1962, ha descritto una realtà in cui le potenze dell'Asse (Germania e Giappone) hanno vinto la seconda guerra mondiale e dominano gran parte del mondo (da questo libro è stata tratta una serie TV, L'uomo nell'alto castello, che mi ha appassionato su Amazon Prime Video per tutte e quattro le stagioni prodotte).
Come autore, ritengo che scrivere un romanzo ucronico è tutt’altro che semplice. La presentazione e descrizione di una realtà alternativa, richiede una conoscenza, per non dire, una passione, della storia nella sua interezza, soprattutto direi dei personaggi e dei contesti in cui i fatti sono realmente accaduti. Partendo da qui, l’autore ucronico si assume una responsabilità non indifferente, perché stravolge il corso reale della storia creando un universo parallelo, dove gli stessi protagonisti del mondo reale percorrono un corso storico del tutto diverso.
Un esempio è il romanzo “L’ombra del Duce” (Edizioni Epoké), di Michele Rocchetta: l’autore ha dimostrato con questo romanzo di riuscire a presentare una realtà del dopo guerra davvero alternativa. Hitler rimane ucciso nell’attentato del 1944 conosciuto come Operazione Valchiria, ponendo fine così alla guerra in Europa. Mussolini è in fuga con i suoi fedelissimi. l’Italia è divisa in due parti, con i Savoia che governano il sud e la Repubblica Federale dell’Alta Italia, nata dalla lotta partigiana, che governa il nord. In questo scenario si muovono i due protagonisti, l’italiano Alberto Scandellari e il francese Georges Leconte, due spie che hanno il compito di trovare il Duce. La loro missione li porta in diversi contesti che l’autore presenta, Spagna, Grecia, Corsica, Francia, permettendo al lettore di percepire le atmosfere spesso affascinanti delle località e dei paesaggi descritti.
Un romanzo che attraverso l’ucronia si presenta come una spy story, con minuzie di particolari che ricorda molto lo stile di un maestro dei romanzi di spionaggio come Frederick Forsyth, soprattutto nelle scene di azione con la descrizione delle armi e delle tecniche militari utilizzate dai due protagonisti.
Un libro che appassiona anche perché fino all’ultimo sei attratto dalla curiosità di sapere come si evolve la realtà ucronica presentata, ovvero come i protagonisti della storia reale si introducono e si muovono nell’universo alternativo creato dall’autore.
Ora non mi rimane altro che leggere il seguito, “Extrema Ratio” (Edizioni Epoké), certo che riuscirà a incuriosirmi e ad attrarmi come “L’ombra del Duce”.