La Pace non è un'utopia
Venti di guerra in Terra Santa: ma la pace non è un'utopia
Gaetano Taverna 13/05/2021 0
Ennesima guerra in Terra Santa, ormai basta una scintilla per far scoppiare una crisi eterna dove le armi prendono il sopravvento a discapito delle popolazioni coinvolte. Israele e Palestina possono e devono convivere e la Pace non può essere un'utopia.
«Spesso il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità o coraggio di fare. Un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia a lavorarci. E allora può diventare qualcosa di infinitamente più grande.» Adriano Olivetti, imprenditore, ingegnere e politico italiano, 1901–1960.
«Una cartina del mondo che non contenga Utopia non è degna neppure di uno sguardo, perché tralascia il paese nel quale l'umanità continua ad approdare. E, quando vi approda, l'umanità si guarda intorno, vede un paese migliore e issa nuovamente le vele. Il progresso è la realizzazione di Utopia.» Oscar Wilde, scrittore, drammaturgo, giornalista e saggista irlandese, 1854-1900.
«La pace deve essere sempre il fine: pace perseguita e difesa in ogni circostanza. Non ripetiamo il passato, un passato di violenza e distruzione. Immettiamoci nell'erto e difficile sentiero della pace, il solo sentiero che si adatti alla dignità umana, l'unico che conduca verso il vero compimento del destino dell'uomo, il solo che guidi verso il futuro in cui l'equità, la giustizia e la solidarietà sono realtà e non soltanto dei sogni lontani.» San Giovanni Paolo II
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Gaetano Taverna 24/01/2021
La socialità ai tempi del Coronavirus
Il coronavirus non sta colpendo soltanto la nostra immunità fisiologica, ma soprattutto la nostra umanità. Il Covid-19 ci sta isolando, ci tiene lontani dagli affetti, dalle amicizie, da quello che ci ha sempre distinto come esseri viventi: la socialità. L’uomo è un’animale sociale, lo siamo sempre stati fin dall’inizio e senza l’altro, siamo nessuno.
Abbiamo bisogno di percepire il contatto fisico dell’altro, abbiamo bisogno della sua mano, del suo respiro, dei suoi abbracci, del suo sguardo.
Il problema è che il bastardo ha trovato terreno fertile nell’isolarci, perché di fatto prima del suo arrivo, vivevamo già isolati, se non del tutto, direi spesso e volentieri. Gli attuali strumenti tecnologici di comunicazione, telefono, chat, social, video, ecc., ci hanno sempre impedito quel contatto fisico di cui abbiamo bisogno come fosse del cibo. È accaduto che nel tempo ci siamo assuefatti a questa situazione e magari in maniera inconsapevole abbiamo ritenuto che possiamo fare a meno del contatto con l’altro.
Però già dalla nascita, se non percepiamo il calore del contatto fisico, entriamo in crisi e a lungo andare qualcosa di strano accade in noi. Tuttavia, in questa fase di emergenza, i social ci permettono se non altro di rimanere in contatto, di parlare, di scambiare opinioni, anche di cazzeggiare, se volete, tutto affinché sia possibile mantenere quella socialità che il virus sta colpendo con ferocia.
Contro il virus è necessario prendere delle precauzioni per evitare il contagio. Lo dicono gli esperti, lo dicono i governanti, lo dicono i media. Giustissimo, guai a non farlo. Ma evitiamo per favore di allontanarci, di isolarci. Proviamo a creare delle occasioni di umanità, di solidarietà, di aiuto sociale, gesti di gentilezza contro quella diffidenza che si sta diffondendo e che fa guardare l’altro con sospetto e spinge a rimanere distanti perché potrebbe essere un potenziale untore.
Infine, avere un sentimento, pietà, affetto, tristezza, fate voi, verso chi è stato colpito dal virus e verso chi purtroppo non ce l’ha fatta. Pensate, rimanere isolati in una camera di ospedale, oppure in una RAS che accolgono persone anziane, con la paura di morire e senza poter avere un contatto, anche da lontano, con le persone (famiglia, amici, conoscenti). Oppure addirittura morire nella piena solitudine, senza la vicinanza degli affetti. Qui purtroppo il virus realizza il suo successo maggiore: far morire le persone nella solitudine più completa.
Ecco perché dobbiamo recuperare, per quanto ci è possibile fare, quella socialità di cui mai come in questo momento sentiamo di averne bisogno. Forse passerà del tempo prima di poterci di nuovo abbracciare, forse non basterà il vaccino ad allontanare del tutto la diffidenza e la paura di incontrarsi, ma intanto, non isoliamoci del tutto.
Gaetano Taverna
Gaetano Taverna 03/10/2020
Er nemico
«Dall’America all’Europa all’Italia sembra uscire allo scoperto, fomentato da politici e media irresponsabili e amplificato dai pareri espressi sui social media, un clima aperto di razzismo e xenofobia, come se l’espressione di odio razziale nei confronti dei migranti o delle minoranze, anche con linguaggi e gesti violenti, non fosse più un tabù ma una legittima opinione».
Scrive così Vittorino Andreoli, famoso psichiatra italiano nonché scrittore e poeta. Le parole di Andreoli mi hanno colpito molto e mi hanno ricordato "Er nemico", una famosa poesia di Trilussa che, pur scritta nel 1919, appare drammaticamente attuale.
Er nemico
Un Cane Lupo, ch’era stato messo
de guardia a li cancelli d’una villa,
tutta la notte stava a fa’ bubbù.
Perfino se la strada era tranquilla
e nun passava un’anima: lo stesso!
Nu’ la finiva più!
Una Cagnola d’un villino accosto
je chiese: – Ma perché sveji la gente
e dài l’allarme quanno nun c’è gnente? –
Dice: – Lo faccio pe’ nun perde er posto.
Der resto, cara mia,
spesso er nemmico è l’ombra che se crea
pe’ conserva’ un’idea:
nun ce mica bisogno che ce sia.
Gaetano Taverna 20/02/2021
Covid-19: un anno fa
Un anno è passato da quando è scoppiata la pandemia in Italia di Covid-19. Un anno di sofferenze e di speranze, ma anche di riconoscimenti verso il personale sanitario in prima linea nelle corsie e nelle terapie intensive, che ha pagato un prezzo altissimo in termini di vite umane e di contagi.
Circa un anno fa realizzai un video per ricordare che viviamo in un Paese bellissimo messo a dura prova. Ora lo ripropongo perché, anche se siamo ancora in una situazione di emergenza, è sempre viva la speranza e la certezza di poter tornare a suonare e a ballare nelle piazze.
E quando accadrà, mi auguro soltanto che non dimenticheremo quello che abbiamo passato e le sofferenze che il Covid-19 ha procurato.