Il canto di Miranda
Racconto "agro-lirico" e, sullo sfondo, la bellissima Turandot di Puccini. Racconto dedicato a un grande tenore: Domenico Taverna, mio padre.
SABATO NOTTE
«Dannato gallo, mai che cantasse quando dovrebbe!»
Miranda diede un’occhiata alla radio-sveglia.
«Tre e mezza! Diavolo di un gallo. Tanto prima o poi troverò un cliente mi chiederà un bel gallo arrosto», disse con la sua voce afona.
Si rigirò nel letto e provò a riaddormentarsi. Il pennuto però non ne voleva sapere di azzittirsi e continuò a esibirsi con piccole pause, magari per riprendere fiato o forse per illudere chi sperava che l’esibizione fosse finita.
Miranda considerò che gli ospiti di quel periodo vivevano in città e magari avrebbero accettato di buon grado il canto del gallo come un'espressione della vita di campagna.
Ormai il sonno le era passato. Si alzò e si diresse nello studio sedendosi davanti al computer. Il giorno prima era stata molto occupata a ricevere i nuovi ospiti e non aveva avuto il tempo di controllare la posta elettronica.
Aprì il programma delle e-mail e come al solito entrò subito nel profilo dell’azienda scaricando diversi messaggi. Con insofferenza cancellò i messaggi pubblicitari e gli spam; spostò in una cartella i messaggi delle agenzie e dell’associazione delle aziende d’agriturismo. Lasciò invece in evidenza quelli che sembravano inviati da potenziali clienti diretti. Non le era mai piaciuto lavorare con le agenzie, perché non le permetteva quel contatto diretto con chi avrebbe ospitato nella sua proprietà. Invece, nei periodi di bassa stagione, quando le richieste dirette scarseggiavano, accettava le prenotazioni tramite agenzie e poteva contare così su una presenza costante di clienti, soprattutto stranieri.
Decise di rinviare al pomeriggio le eventuali risposte e cambiò profilo per aprire la sua casella di posta privata.
Se nella casella dell’azienda riceveva regolarmente decine di messaggi al giorno, in quella privata poteva contare solo su qualche messaggio di un paio di vecchie amiche, con le quali condivideva la passione dei viaggi, della buona tavola e dell’opera lirica, nonché l’essere delle single integraliste.
Scaricò la posta e aprì l’unico messaggio che era arrivato.
Lì per lì, ancora intontita per il sonno interrotto, non riuscì a capire da dove provenisse la musica.
L’indirizzo del mittente era sconosciuto, ma ciò che attirò l’attenzione di Miranda fu il testo. Un testo che la riportò indietro nel tempo.
Mia dolce principessa, suonando il gong urlo con tutta la mia voce...
Figlio del cielo, io chiedo d'affrontar la prova!
Capì allora che la musica faceva da sfondo musicale al messaggio e proveniva dalle casse audio del computer.
Riconobbe il brano musicale. Non poteva non riconoscerlo.
Si accorse però di avere gli occhi pesanti.
Il gallo non cantava più. Miranda sorrise all’idea che qualcuno avesse imbavagliato il gallo canterino.
Spense il computer non prima di aver inoltrato il messaggio alle due amiche.
DOMENICA
Un sole pallido illuminava la Val di Chiana e sarebbero occorse diverse ore prima che l’umidità notturna si lasciasse scaldare dal sole di maggio.
La Locanda del Canto era un piccolo agriturismo di proprietà della famiglia di Miranda e si trovava al centro della Val di Chiana.
Gli ospiti potevano contare su una struttura semplice, ma pulita e accogliente. La vecchia stalla era stata ristrutturata e divisa in due mini appartamenti, mentre invece la vecchia casa colonica era stata anch’essa ristrutturata ricavandone nel pianterreno sei stanze tutte dotate di servizi autonomi. Il primo e il secondo piano era invece riservato ai proprietari e al personale dell’azienda.
L’ospitalità nell’agriturismo era comprensiva della prima colazione e della cena: erano serviti in un ampio salone arredato da vecchi tavoloni e da panche in legno di noce e da sedie di paglia.
Miranda stessa, aiutata da una cugina, si occupava della cucina utilizzando prevalentemente i prodotti dell'azienda.
Erano da poco passate le due di pomeriggio e Miranda stava ultimando la preparazione delle crostate alle visciole che avrebbe servito come dessert per cena.
Il telefonino le vibrò nella tasca del grembiule.
«Miranda? Che stai facendo di bello?»
«Crostata alle visciole, Gina. Ed è fantastica.»
«Già, fantastica per la mia dieta... ho una fame arretrata che mi mangerei una pasticceria intera!»
«Ok, non parliamo di cibo. Hai ricevuto il mio messaggio?»
«È per questo che ti sto chiamando. Mica ho capito di che si tratta.»
«Gina, vuoi dire che tu non ne sai nulla?»
«Sapere cosa?»
Miranda si mise a sedere su di una sedia e si fece seria.
«Non so... stanotte ho scaricato la posta e mi sono trovata il messaggio che ho inoltrato a te e alla Luisa. Ho pensato che si trattava di uno dei vostri scherzi e quindi ve l’ho rimandato indietro.»
«Scordati che la Luisa abbia ora tempo per leggere i tuoi messaggi. E poi non credo che possa utilizzare la posta elettronica nel suo nuovo scavo in pieno deserto.»
«Già, la talpa.»
«La Luisa è una bravissima archeologa, Miranda, non dovresti parlare così di lei.»
«Sarà, ma per me sempre talpa è. Non solo scava come una talpa, ma è anche cecata come una talpa!»
Le due amiche risero di cuore.
«Dai, Miranda, perché non rispondi come sai?»
«Che vuoi dire Gina?»
«Lo sai di cosa parlo. Con quel messaggio qualcuno ha lanciato la sfida e ora tocca a te con i tre enigmi.»
«Gina, ma dai. A 48 anni non ho mica tempo da perdere con ‘ste bischerate.»
«Oh, fai come ti pare. Ora ti lascio. Ci si sente bella!»
«Ciao Gina.»
Già, pensò Miranda, i tre enigmi. Ma a cosa sto pensare!
Intenta com’era nel ripensare al messaggio e nel preparare le crostate alle visciole, non si accorse del movimento dietro alle sue spalle.
«Buon pomeriggio Miranda.»
La voce dell’uomo la fece trasalire.
«Giacomo! Oh santo cielo, mi ha fatto venire un colpo!»
«Mi dispiace Miranda, sono sconcertato, non volevo, mi creda.»
Miranda sorrise. Si schiarì la voce provando a parlare meno afona.
«Non si preoccupi, Giacomo, lei qui è sempre il benvenuto, lo sa.»
Giacomo si avvicinò.
«Se mi permette, sarei felice se accettasse questo mio piccolo dono.»
La rosa era bellissima, Miranda ne rimase estasiata.
«Giacomo, ma è stupenda! Non doveva!»
«No, Miranda, non è la rosa a essere stupenda, ma è lei.»
Miranda sospirò.
«Giacomo, Giacomo... lei è sempre così galante», e avvicinandosi gli diede un bacio sulla guancia.
«No, Miranda – rispose Giacomo sorridendo – non sono galante, sono solo innamorato.»
Miranda prese un vaso per la rosa.
«Giacomo, ne abbiamo già parlato, perché rovinare questa nostra bellissima amicizia? Ma ne vale proprio la pena soffrire così?»
«Ma io non ne soffro, anzi.»
Miranda sorrise. Giacomo le era molto caro, e le sue premure e attenzioni più di una volta l’avevano messa in crisi.
L'uomo aveva una vasta proprietà che confinava con l’azienda di Miranda ed era conosciuto per i suoi modi eleganti come la villa dove abitava da solo. Vedovo da tre anni, senza figli, aveva tre passioni: il vino, che produceva in proprio, il magnifico roseto, che era stato realizzato dalla moglie, e Miranda.
Sessanta anni portati benissimo, alto con un fisico asciutto e atletico, capelli chiari, era considerato uno degli uomini più attraenti della zona.
Era l’ultimo discendente di un antico casato nobile, ma per Miranda era l’ultimo gentiluomo, tanto era garbato, fine, ma soprattutto scrupoloso nei suoi confronti.
«La lascio, se Athena non mi vede tornare potrebbe ingelosirsi.»
Giacomo si riferiva al cavallo con cui era arrivato, un magnifico puro sangue femmina.
«Non si affezioni troppo ad Athena perché poi potrei essere io a ingelosirmi.»
«Magari fosse, Miranda, magari fosse», rispose ridendo Giacomo allontanandosi dalla cucina.
Miranda rimase estasiata dalla bellezza della rosa che aveva davanti ai suoi occhi e, senza volerlo, il suo pensiero volò su di un’immagine, lei abbracciata a Giacomo. Un’immagine che avrebbe estasiato l’uomo, ma che a lei poneva molti dubbi. Era solo una fantasia, perché in realtà tra i due l’unico contatto fisico era stato solo qualche stretta di mano e qualche innocente bacio sulla guancia.
Certo, pensò, da Giacomo potrei ricevere quelle attenzioni e premure che molte donne sognano. E poi con la sua proprietà unita alla mia sarebbe perfetto. Perfetto, tranne per un particolare. Già, il maledetto particolare che mi ha portato a essere a 48 anni una single.
«Ma va bene anche così!», disse a voce alta cercando di non pensare alla punta di nostalgia che sentiva dentro.
La cena della sera prevedeva dei crostini con paté di fegato, ribollita e grigliata mista di carne della Val di Chiana.
La cugina aveva già preparato la fantastica zuppa toscana. Per evitare che l’odore del cavolo nero si diffondesse per i locali, la ribollita veniva preparata la mattina, facendo poi arieggiare la cucina e la sala da pranzo. Così la tipica zuppa toscana poteva riposare per essere poi gustata sopra i crostoni di pane bruscato.
Come al solito, Miranda curò di persona la preparazione dei piatti di portata, affidando all’aiuto cuoco, un ragazzone cresciuto troppo in fretta, la preparazione della grigliata nel grande camino che dominava in cucina.
Dopo cena, come era consuetudine, girava per i tavoli fermandosi a parlare con gli ospiti, mentre nel salone venivano diffuse alcune famose arie di opera lirica. Miranda era inesauribile e il suo modo, i suoi movimenti affascinavano i presenti, soprattutto quelli di sesso maschile.
Alta, prosperosa, rossa di capelli, il viso addolcito da alcune grinze che comunque non tradivano la sua età, affascinava soprattutto per il suo sorriso e per i suoi occhi, un misto di malizia e di dolcezza molto seducente.
Solo quando gli ospiti si allontanarono, Miranda sentì il peso della stanchezza e il desiderio di una doccia prima di infilarsi nel letto per una sana dormita.
Vide che in cucina non c’era altro da fare e si ritirò nel suo appartamento del secondo piano portandosi con sé il vaso con la rosa di Giacomo.
Alle 3:30, puntuale come la notte precedente, il gallo volle offrire un’altra delle sue esibizioni canore fuori orario.
Miranda si coprì le orecchie con il cuscino, ma fu inutile. Il canto del gallo le entrava in testa con quella sua cadenza ritmica che dava ai nervi.
«Lo ammazzo quel pennuto, lo giuro!»
Si alzò infuriata. Ormai il sonno le era passato e come la notte precedente si recò nello studio e accese il computer.
Le venne in mente lo strano messaggio che aveva ricevuto. Aprì il programma e provò a scaricare la posta.
Arrivarono due messaggi, uno era di Gina che la invitava a rispondere al messaggio con i tre enigmi. L’altro era una copia esatta del messaggio ricevuto la notte prima, stesso testo e stessa musica di fondo.
Il mittente del messaggio era sconosciuto, pensò però che non poteva essere un caso che le arrivassero dei messaggi con testi e musica tratti dalla sua opera lirica preferita.
No, non può essere un caso, pensò Miranda, chiunque tu sia, stai cercando proprio me.
Cliccò su Rispondi.
O Principi,
che a lunghe carovane
d’ogni parte del mondo
qui venite a gettar la vostra sorte,
io vendico su voi
quella purezza, quel grido
e quella morte!
Mai nessun m’avrà!
L’orror di chi l’uccise
vivo nel cor mi sta!
No, no! Mai nessun m’avrà!
Ah, rinasce in me l’orgoglio
di tanta purità!
Straniero! non tentar la fortuna!
Gli enigmi sono tre,
la morte è una!
Scrisse di getto sicura di ricordarsi il versetto.
Mentre cliccava su Invia/Ricevi con la mente tornò indietro nel tempo, nel periodo dell’Accademia di Canto e delle rappresentazioni della sua opera preferita, richiamati ora da questi messaggi: La Turandot di Giacomo Puccini.
Quanta ansia prima di ogni rappresentazione, quanta emozione, quanta fatica. Le prove interminabili, i pomeriggi e le serate passate sul palco a provare. L’emozione della prima, gli applausi e i fiori. Le promesse di contratto, l’eccitazione delle tournée.
E poi la terribile sentenza. Il raschiamento a 28 anni delle corde vocali. Non parlare per diversi mesi, ma quel che peggio, non poter più cantare. Addio voce, addio lirica.
Gli occhi le si velarono.
«Ma che sto facendo? Ormai è acqua passata, vecchia mia. E poi con questa voce rauca sei più affascinante. Te lo dicono tutti!»
Cliccò involontariamente su Invia/Ricevi e stupita si accorse che le stava arrivando un nuovo messaggio.
Il mittente era lo stesso sconosciuto che le aveva inviato gli altri due messaggi. La musica di fondo era sempre la stessa. Ma il testo era diverso.
No, no! Gli enigmi sono tre,
una è la vita!
«Ciao Calaf, anche tu sveglio a quest’ora.»
Guardò l’ora di invio. Quest’ultimo messaggio era stato inviato proprio in quel momento, mentre invece quello precedente aveva come orario di invio le 3:30. Con la curiosità che ormai l’aveva stuzzicata, aprì l’e-mail della notte precedente. Anch’esso era stato inviato alle 3:30. Qualcuno le stava inviando in piena notte dei messaggi impersonando la parte di Calaf, il misterioso principe che nella famosa opera lirica sfida la principessa Turandot innamorandosene.
«Chiunque tu sia ti aspetti che io risponda nuovamente con le parole di Turandot.»
Ci pensò un attimo.
«Vuoi gli enigmi? Eccoti servito!» e con un sorriso di compiacimento iniziò a scrivere.
Straniero, ascolta!
“Nella cupa notte
vola un fantasma iridescente.
Sale e dispiega l’ale
sulla nera infinita umanità!
Tutto il mondo l’invoca
e tutto il mondo l’implora!
ma il fantasma sparisce con l’aurora
per rinascere nel cuore!
ed ogni notte nasce
ed ogni giorno muore!”
Miranda spedì l’e-mail.
Si accorse che il gallo non cantava più. Che strana coincidenza, pensò, i primi messaggi sono stati inviati alle 3:30 e proprio a quell’ora il gallo l'aveva svegliata con le sue esibizioni canore.
Si accorse anche di avere gli occhi pesanti. Questo gioco le stava rubando del tempo prezioso per il suo riposo. Ma chi se ne frega sono sempre la proprietaria qui e posso alzarmi quando mi pare!
Cliccò nuovamente su Invia/Ricevi e come aveva auspicato le arrivò un nuovo messaggio.
Aprendolo, era sicura delle strofe che avrebbe letto.
Sì! Rinasce!
Rinasce e in esultanza
mi porta via con sé, Turandot:
la Speranza.
«Bravo Calaf. La Speranza.»
Cliccò su Rispondi.
Sì! La speranza che delude sempre!
“Guizza al pari di fiamma,
e non è fiamma!
È talvolta delirio!
È febbre d’impeto e ardore!
L’inerzia lo tramuta in un languore!
Se ti perdi o trapassi,
si raffredda!
Se sogni la conquista, avvampa!
Ha una voce che trepido tu ascolti,
e del tramonto il vivido baglior!”
Inviò la risposta.
Cercò di capire chi potesse essere il Calaf delle e-mail.
Giacomo, forse: lui sa quanto amo la lirica e cosa ho passato con la mia voce. Potrebbe essere il suo modo per corteggiarmi. Ma non è il tipo da usare l’e-mail e soprattutto non credo che sappia creare dei messaggi anonimi.
Cliccò su Invia/Ricevi e arrivò un nuovo messaggio.
Sì, Principessa!
Avvampa e insieme langue,
se tu mi guardi,
nelle vene:
il Sangue!
«Ovviamente. Il Sangue.»
Cliccò su Rispondi e scrisse il terzo e ultimo enigma.
"Gelo che ti dà foco
e dal tuo foco più gelo prende!
Candida ed oscura!
Se libero ti vuol,
ti fa più servo!
Se per servo t’accetta,
ti fa Re!"
Su, straniero!
Ti sbianca la paura!
E ti senti perduto!
Su, straniero, il gelo
che da foco, che cos’è?
Inviò il messaggio.
Aprì il piccolo frigo che teneva sempre ben fornito e si versò un bicchiere di succo di ananas.
Cliccò su Invia/Ricevi e arrivò il versetto che si aspettava.
La mia vittoria ormai
t’ha data a me!
Il mio fuoco ti sgela:
Turandot!
Ma arrivò anche un altro messaggio.
Tre enigmi m’hai proposto!
e tre ne sciolsi!
Uno soltanto a te
ne proporrò:
Il mio nome non sai!
Dimmi il mio nome
dimmi il mio nome,
prima dell’alba!
E all’alba morirò!
Miranda sentì un brivido percorrerle lungo la schiena.
Se svelo il tuo nome prima dell’alba tu dovrai morire, così è nell’opera di Puccini, altrimenti io ti dovrò sposare.
Si morse il labbro.
«Ma chi sei. Si può sapere che vuoi da me?!» cercò di urlare forte con la sua voce afona.
Guardò l’orologio. Erano le 4:30, ancora un’ora e avrebbe albeggiato.
No, è uno scherzo e io sono così bischera perché sto a questo gioco!
Senza accorgersi cliccò su Invia/Ricevi: il nuovo messaggio impiegò diversi secondi per scaricarsi, segno della presenza di un allegato pesante. Si trattava di un file audio MP3.
Aprì il file e quello che udì le fece accapponare la pelle.
Nessun dorma!
Nessun dorma...
Tu pure, o Principessa,
nella tua fredda stanza
guardi le stelle che tremano
d’amore e di speranza!
Ma il mio mistero è chiuso in me,
il nome mio nessun saprà!
No, no, sulla tua bocca lo dirò
quando la luce splenderà!
Ed il mio bacio scioglierà il silenzio
che ti fa mia!
Dilegua, o notte!...
tramontate, stelle!
All’alba vincerò!
Vincerò! Vincerò!
Ma non furono le parole del famoso pezzo de La Turandot a darle i brividi, quanto la voce del tenore. Una voce inconfondibile. Una voce che la riportò ai tempi dell’Accademia di Canto. Una voce che le fece battere il cuore all’impazzata.
Miranda riconobbe il Calaf che le stava scrivendo, ma capì anche che stava vivendo un gioco nel quale non avrebbe mai voluto entrarci. Perché si trattava di un gioco scorretto che ora aveva scatenato vecchi e dolorosi ricordi, da anni rinchiusi nelle segrete della sua memoria e del suo cuore.
Si ritrovò con la fantasia a rivivere le scene conclusive dell’atto terzo de La Turandot.
La folla si allontana e per la prima volta Calaf e Turandot rimangono da soli. Calaf è ancora convinto di poter conquistare la bella principessa e con impeto si getta verso di lei baciandola.
Inizia così il crollo finale della crudele principessa che scopre per la prima volta emozioni tanto forti e incontrollabili. Calaf comprende di aver finalmente sgelato il freddo cuore della rivale e poco prima dell’alba sussurra il proprio nome, consegnando il proprio destino nelle mani di Turandot.
L’alba è ormai giunta e la principessa conosce il nome dello straniero. Accompagnata dal padre e dai dignitari di corte Turandot si presenta al popolo dichiarando di conoscere il nome del principe ignoto. Tutti attendono la rivelazione e tra lo stupore del popolo la principessa dichiara a tutti il nome bramato: Amore.
Il dolore e la tragedia sono finalmente alle spalle e l’opera si chiude con un coro di giubilo.
E come nell’opera, il Calaf dei messaggi aveva svelato la sua identità inviando il file audio.
Miranda si alzò e guardò fuori dalla finestra.
Un leggero chiarore all’orizzonte preannunciava l’approssimarsi dell’alba.
Con la mente ritornò indietro nel tempo, durante le prove della sua prima uscita in scena proprio con La Turandot.
La parte di Calaf era stata data a un giovane tenore francese, Emil, che si era distinto più per la bravura in scena che per la potenza della voce tenorile.
Fu un amore travolgente: durante le prove approfittavano delle pause per chiudersi in camerino e fare all’amore, a volte in maniera dolce, a volte in maniera violenta, brutale.
Miranda aveva solo un pensiero, vivere con Emil.
Era riuscita a convincere anche la sua famiglia e aspettava la conclusione della tournée estiva per trasferirsi a Parigi.
Poi arrivò quel fastidio alla gola e l’abbassamento improvviso della voce.
L’ospedale, l’intervento, la riabilitazione, ma soprattutto Emil non c’era più.
La parte nella tournée fu data a una giovane ragazza di 22 anni, che pensò bene di appropriarsi anche di qualcos'altro.
Miranda si passò la mano sui capelli tirandoli all’indietro. L’alba era arrivata e si prevedeva una giornata assolata e calda.
Quel periodo passato le aveva lasciato due segni indelebili: la voce afona e la difficoltà a innamorarsi con quella stessa emozione, quell’intensità che aveva conosciuto con Emil. Si trattava di quel maledetto particolare che per lei era la causa della sua condizione di single.
Era la voce di Emil, quella che cantava nel file MP3, non poteva non riconoscerla. Era lui l’autore sconosciuto dei messaggi, il Calaf che le aveva inviato le e-mail.
Emil era scomparso all’improvviso e di lui aveva perso le tracce. A suo tempo aveva saputo che aveva avuto problemi con la droga e con l’alcool e aveva abbandonato la lirica, ritornando a Parigi.
E ora, Emil era tornato.
Chissà com’è ora, pensò Miranda. Provò a immaginarselo, ma per quanti sforzi facesse, era un’immagine che non veniva a fuoco. Rimaneva indistinta. Come indefinita era la sua emozione.
Si avvicinò al computer e riaprì il file audio.
Riascoltò il brano.
E per una strana coincidenza mentre ascoltava il famoso brano de La Turandot, gli occhi si posero sulla rosa di Giacomo. Gli occhi le si velarono nuovamente e questa volta non provò a trattenersi.
Il pianto arrivò silenzioso e sempre in silenzio se ne andò, lasciandole le guance rigate da grosse lacrime.
Solo allora si accorse della risposta che stava scrivendo sul computer. Era composto da una sola parola, ma che per Miranda significava molto.
Chiuse gli occhi.
«Che notte ho passato», disse a voce alta.
Stranamente non si sentiva stanca. Anzi sentiva dentro di sé un’energia inspiegabile.
Guardò l’orologio.
Alzò il ricevitore del telefono e compose un numero che la sua memoria di istinto le fece balenare nella mente.
«Ciao.»
Dall’altra parte del filo Giacomo non ebbe bisogno di altre parole per capire.
«Buon giorno Miranda. È bello sentirti di prima mattina.»
«Dormivi?»
«Da quando sono solo, dormo pochissimo.»
«Giacomo, vienimi a prendere. Non voglio più dormire da sola.»
«Ti avverto che io russo un pochino.»
«E io che ho i piedi sempre freddi.»
«Uno pari. Come inizio non è male. Arrivo come un lampo, amore mio.»
Miranda riattaccò il telefono.
Si avvicinò al computer e si accorse che il messaggio di risposta era aperto e non l’aveva ancora spedito.
Con un sorriso malizioso cliccò su Invia e spedì il messaggio a Emil composto di una sola parola.
Fottiti!
Spegnendo il computer ebbe la certezza che il gallo non avrebbe più cantato in piena notte.
Gaetano Taverna